IGNATIJ BRJANCANINOV

Lo spirito della preghiera per il principiante (II)

Fate al Signore le vostre preghiere con un balbettio infantile, un semplice pensiero infantile – non con eloquenza, non con ragionamenti. “Se non vi convertirete” – come dal Paganesimo e dall’Islam, dalla vostra complessità e doppiezza – “e non sarete”, ci ha detto il Signore, “come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3)[1].

Un bambino esprime tutti i suoi desideri con il pianto: la vostra preghiera sia sempre accompagnata dal pianto. Non solo nelle parole della preghiera, ma anche nel silenzio della preghiera, lasciate che il vostro desiderio di pentimento e di riconciliazione con Dio, il vostro estremo bisogno della misericordia di Dio siano espressi nel pianto.

La dignità della preghiera consiste unicamente nella qualità, non nella quantità: la quantità è lodevole quando porta alla qualità. La qualità porta sempre alla quantità; la quantità porta alla qualità quando l’orante prega con attenzione[2]. La qualità della vera preghiera è quando la mente è attenta durante la preghiera e il cuore è solidale con la mente.

Richiudete la mente nelle parole pronunciate della preghiera e mantenetela attenta[3]. Tenete gli occhi sulla bocca, o chiusi[4]: in questo modo favorirete l’unione della mente con il cuore. Pronunciate le parole con estrema lentezza, e metterete più facilmente la mente nelle parole della preghiera: nessuna parola della vostra preghiera sarà pronunciata senza essere animata dall’attenzione.

La mente, quando entra nelle parole della preghiera, attira il cuore in comunione con sé. Questa comunione del cuore con la mente si esprime con la tenerezza, che è un sentimento pio che unisce il dolore a una tranquilla e dolce consolazione[5].

L’essenziale della preghiera è il digiuno[6]. Quando sentite aridità e durezza, non abbandonate la preghiera; per la vostra riluttanza e il vostro sforzo contro l’insensibilità del vostro cuore, la misericordia di Dio vi verrà incontro sotto forma di tenerezza. L’umiltà è un dono di Dio, inviato a coloro che sopportano e perseverano nella preghiera (Rm 12,12; Col 4,2), che cresce costantemente in loro, guidandoli alla perfezione spirituale.

La mente, stando in attenta preghiera davanti al Dio invisibile, deve essere anch’essa invisibile, come immagine della Divinità invisibile: cioè, la mente non deve presentare in sé, né fuori di sé, né davanti a sé alcuna apparenza, deve essere del tutto invisibile. Così, la mente deve essere del tutto estranea alla fantasticheria, per quanto pura e santa essa possa sembrare[7].

Quando pregate, non cercate l’estasi, non mettete in moto i nervi, non scaldate il sangue. Al contrario, mantenete il vostro cuore in una calma profonda, nella quale è condotto dal senso di pentimento: il fuoco materiale, il fuoco della natura dell’uomo decaduto, è rifiutato da Dio. Il tuo cuore deve essere purificato dal pianto di pentimento e dalla preghiera di pentimento; quando sarà purificato, allora Dio stesso farà scendere in esso il suo santissimo fuoco spirituale[8].

L’attenzione durante la preghiera porta i nervi e il sangue alla quiete, e incoraggia il cuore a sprofondare nel pentimento e a dimorare in esso. Il silenzio del cuore non è disturbato dal fuoco divino, se scende nella stanza superiore del cuore, quando i discepoli di Cristo (che rappresentano i pensieri e i sentimenti presi in prestito dal Vangelo) sono riuniti in esso. Questo fuoco non riscalda né brucia il cuore, al contrario, lo irriga e lo rinfresca, riconcilia l’uomo con tutti gli uomini e con tutte le circostanze della vita, attira il cuore in un amore indicibile verso Dio e verso il prossimo.

La distrazione macchia la preghiera. Chi prega distrattamente sente in sé un vuoto e un’aridità inconsci. Chi prega costantemente in modo distratto è privo di tutti i frutti spirituali che di solito nascono da una preghiera attenta, assimila a sé uno stato di aridità e di vuoto, da cui derivano freddezza nei confronti di Dio, sconforto, annebbiamento della mente, indebolimento della fede, e da cui deriva la morte in relazione alla vita eterna e spirituale. Tutti questi elementi, nel loro insieme, sono chiari segni che tale preghiera non è accettata da Dio.

La fantasticheria nella preghiera è ancora più dannosa della distrazione. La distrazione rende la preghiera infruttuosa ma la fantasticheria è causa di falsi frutti: l’autoinganno (ndr. prelest) e, come dicono i santi Padri, la passione diabolica. Le immagini del mondo visibile e le immagini del mondo invisibile composte dalla fantasticheria, impresse e rallentate nella mente, la rendono come materiale, la trasferiscono dalla regione divina dello Spirito e della Verità alla regione della sostanza e della falsità. In questa regione il cuore comincia a simpatizzare con la mente non con un senso spirituale di pentimento e umiltà, ma con un senso della carne, un senso del sangue e dei nervi, un senso intempestivo e disordinato del piacere, tanto che è peculiare dei peccatori, un senso di amore sbagliato e falso immaginario per Dio. L’amore delittuoso e abominevole appare poco sofisticato nelle esperienze spirituali del santo, ma in realtà è solo un sentimento confuso di un cuore non purificato dalle passioni, che gode della vanità e della voluttà, messo in moto dai sogni ad occhi aperti. Tale stato è uno stato di autoillusione (ndr. prelest).

Se una persona ristagna in questa autoillusione, le immagini che gli appaiono ricevono straordinaria vivacità e attrattiva. Quando compaiono, il cuore comincia a scaldarsi e a godere illegalmente, o, secondo la definizione della Sacra Scrittura, a commettere adulterio (Sal 72,27). La mente riconosce un tale stato come pieno di grazia, divino: quindi il passaggio all’evidente delusione del demoniaco è vicino; il momento in cui una persona perde l’autocrazia, diventa un giocattolo e uno zimbello dello spirito malvagio. Dalla preghiera sognante che porta una persona a questo stato, Dio si allontana con rabbia. E il verdetto della Scrittura si avvera su coloro che pregano con una tale preghiera: “La sua preghiera si trasformi in peccato” (Sal 109,7).

Rifiutate i pensieri apparentemente buoni e le idee apparentemente brillanti che vi vengono incontro mentre pregate, distraendovi dalla preghiera[9]. Essi escono dal regno della mente falsa, seduti come cavalieri a cavallo, sulla vanità. I loro volti cupi sono chiusi, affinché la mente dell’orante non riconosca in loro i suoi nemici. Ma proprio perché sono ostili alla preghiera, distraggono la mente, la portano in cattività e in pesante schiavitù, espongono e devastano l’anima, ecco perché si riconoscono come nemici del regno del pacificatore. La mente spirituale, la mente di Dio, promuove la preghiera, concentra l’uomo in sé stesso, lo immerge nell’attenzione e nella tenerezza, impartisce alla mente un silenzio riverente, il timore e lo stupore che nascono dal senso della presenza e della maestà di Dio. Questa sensazione può, a tempo debito, diventare molto intensa e rendere la preghiera per l’orante un temibile tribunale di Dio[10].

La preghiera attenta, aliena da distrazioni e fantasticherie, è la visione del Dio invisibile che attira a sé la vista della mente e il desiderio del cuore. Allora la mente vede senza vedere e si accontenta di un non vedere che supera ogni visione. La ragione di questo beato non vedere è l’infinita sottigliezza e incomprensibilità dell’Oggetto verso cui la visione è diretta. Il Sole invisibile della giustizia – Dio emette anche raggi invisibili, ma percepibili dal senso palpabile dell’anima: essi riempiono il cuore di meravigliosa calma, fede, coraggio, mitezza, misericordia, amore per il prossimo e per Dio. Grazie a queste azioni, visibili nell’intimo del cuore, l’uomo riconosce senza dubbio che la sua preghiera è accettata da Dio, inizia a credere con una fede viva e a confidare fermamente nell’Amante e nell’Amato. Ecco l’inizio del risveglio dell’anima per Dio e per un’eternità benedetta[11].

Il frutto della vera preghiera è una santa pace dell’anima, unita a una gioia tranquilla e silenziosa, priva di fantasticherie, di presunzione e di impulsi e movimenti accesi, un amore per gli altri che non distingue il bene dal male, il degno dall’indegno, ma intercede per tutti davanti a Dio, come per sé, come per i propri membri. Da questo amore per gli altri risplenderà il più puro amore per Dio. Questi frutti sono un dono di Dio. Sono attratti dall’anima grazie alla sua attenzione e umiltà, mantenuti dalla sua fedeltà a Dio.

L’anima rimane fedele a Dio quando elimina ogni parola, azione e pensiero peccaminoso e quando si pente immediatamente dei debiti in cui si è lasciata trascinare dalla sua debolezza.

Il fatto che desideriamo ottenere il dono della preghiera, lo dimostriamo sedendoci pazientemente oranti alla porta della preghiera. Per la pazienza e la perseveranza riceviamo il dono della preghiera. “Il Signore”, dice la Scrittura, “dà grazia a chi prega” (1 Sam 2,9) con pazienza e sforzo.

Per i nuovi credenti, le preghiere brevi e frequenti sono migliori di quelle lunghe, separate l’una dall’altra da uno spazio di tempo considerevole[12].

La preghiera è il più alto esercizio per la mente.

La preghiera è la testa, la fonte, la madre di tutte le virtù[13].

Siate saggi nella vostra preghiera. Non chiedete in essa nulla di deperibile e di vano, ricordando il comandamento del Salvatore: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose”, cioè tutte le necessità della vita temporale, “vi saranno date in aggiunta”[14]. (Mt 6,33)

Quando intendete fare qualcosa, o volete fare qualcosa, anche nelle difficoltà della vita, rivolgete il vostro pensiero a Dio nella preghiera: chiedete ciò che ritenete necessario e utile; ma lasciate alla volontà di Dio nella fede e nella fiducia nell’onnipotenza, nella saggezza e nella bontà della volontà di Dio di fare o non fare ciò che chiedete. Questo eccellente modo di pregare ci è stato dato da Colui che ha pregato nel giardino del Getsemani, “affinché passasse il calice da Lui stabilito” ma “non la mia volontà”, concluse la sua preghiera al Padre: “ma sia fatta la tua” (Lc 22,42).

Offrite a Dio un’umile preghiera per le virtù e le opere pie che state compiendo, purificatele e perfezionatele con la preghiera e il pentimento. Dite di loro nella vostra preghiera ciò che il giusto Giobbe disse nella sua preghiera quotidiana a proposito dei suoi figli: “Ogni volta che i miei figli hanno peccato e nei loro pensieri hanno pensato al male contro Dio” (Gb 1,5). Il male è infido: si mescola invisibilmente con la virtù, contaminandola, avvelenandola.

Gettate via tutto per ereditare la preghiera e, sollevati da terra sulla croce dell’abnegazione, date il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo a Dio e da Lui ricevete la santa preghiera, che, secondo l’insegnamento dell’Apostolo e della Chiesa universale, è l’azione dello Spirito Santo nell’uomo, quando lo Spirito lo inabita[15] (Rm 8,26). “Chiunque abbia raggiunto (l’orazione incessante) ha raggiunto il limite delle virtù ed è stato reso dimora dello Spirito Santo”, diceva Sant’Isacco.

Conclusione

Chi trascura l’esercizio di un’attenta preghiera fatta nel pentimento è estraneo al progresso spirituale e ai frutti spirituali, è nel buio di molteplici autoinganni. L’umiltà è l’unico altare su cui gli esseri umani possono offrire a Dio offerte di preghiera, l’unico altare da cui le offerte di preghiera sono accettate da Dio[16]; la preghiera è la madre di tutte le vere virtù divine. Nessun progresso spirituale è possibile, nessun avanzamento spirituale è possibile per chi ha rifiutato l’umiltà, per chi non si è preoccupato di entrare in una santa unione con la preghiera. L’esercizio della preghiera è il testamento dell’Apostolo: “pregate senza sosta”, ci dice l’Apostolo (1 Ts 5,17). L’esercizio della preghiera è un comandamento del Signore stesso, un comandamento unito a una promessa: “Chiedete”, ci invita il Signore, ci comanda, “e vi sarà dato; cercate e troverete; premete e vi sarà aperto” (Matteo 7,7). Il Signore ci ha comandato: “cercate, e troverete; bussate, e vi sarà aperto” (Matteo 7,7). A quel punto si trasformerà in un incessante sacrificio di lode. Questa lode sarà continuamente offerta e proclamata senza sosta dagli eletti di Dio a partire dall’incessante esperienza di beatitudine nell’eternità, che viene seminata qui sulla terra e nel tempo, dai semi di pentimento seminati attraverso una preghiera attenta e diligente.

Amen.
________________________________
[1] La scala del Paradiso, Gradino 28, p. 326
[2] San Melezio, che salì sulla montagna della Galizia. Poema sulla preghiera; Lestvitsa, Discorso 28, cap. 21.
[3] La Scala del Paradiso, Gradino 28, p. 327
[4] Consigli del santo ieromonaco Seraphim di Sarov. Che sia utile pregare con gli occhi chiusi è menzionato anche in 11 delle sue istruzioni sulla preghiera. Edizione del 1841. Mosca.
[5] San Marco l’Asceta. Su coloro che pensano di essere giustificati dalle opere
[6] San Gregorio del Sinai. Come l’esicasta deve starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto
[7] Santi Callisto e Ignazio. Sul silenzio e la preghiera
[8] La scala del Paradiso. Gradino 28
[9] La scala del Paradiso. Gradino 28
[10] Ibidem
[11] La già citata poesia di San Melezio. Discorso sull’opera nascosta di Teolipto, Metropolita di Filadelfia.
[12] San Demetrio di Rostov, L’uomo interiore
[13] San Macario il Grande, la Scala del Paradiso, Gradino 28 e anche gli altri Padri insegnano di conseguenza.
[14] Sant’Isacco il Siro, Logos, 5.
[15] Sant’Isacco il Siro, Logos, 21.
[16] Detto di San Pimen il Grande. Gerontikon collezione alfabetica.

Ripubblicato dal Teandrico

 


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