Dell’anziano archimandrita georgiano Gabriel (Urgebadze)

Un “ribelle” in una birreria

Il servo di Dio Revaz ha ricordato:

Alla fine degli anni ’80 la mia famiglia era sull’orlo della rovina a causa della mia vita caotica. Non c’è stato un solo giorno in cui non ho bevuto alcolici. Ho anche perso al gioco d’azzardo. Ho perso il lavoro e gli amici… Tutta la mia famiglia ne ha sofferto. Nel profondo del mio cuore ho capito in che stato mi trovavo, ma non ero in grado di controllarmi. Molto probabilmente mi stavo già abituando a questo tipo di esistenza. Mi è stato detto – e io stesso ricordo – che avevo perso il mio aspetto umano, tutto intorno a me mi dava fastidio e ad un certo punto ho cominciato a sentirmi indesiderato. Allora non cercavo alcun rifugio spirituale e non mi venne in mente di andare in Chiesa perché non prendevo sul serio il clero.

Tutto ciò sarebbe andato avanti per anni se una bella sera l’anziano Gabriel non fosse andato alla birreria dove io, bevendo un altro bicchiere di birra, stavo preparando un atto spericolato e inconsulto. Sì, cari amici, i vostri occhi non vi hanno ingannato nel leggere: c’era l’anziano Gabriel!

Ecco come è successo. In mezzo a un grande rumore, ho sentito la voce chiara, forte e arrabbiata di un uomo che chiedeva di versare birra e vodka nel bicchiere più grande, altrimenti “gli si sarebbe spezzato il cuore” e che “avrebbe pagato qualsiasi somma”. “Ho dei soldi, i parrocchiani li hanno donati!” ripeté l’uomo con voce tonante dietro di me, con la gente che rideva e guardava con disprezzo. Allora non conoscevo il significato della parola “parrocchiani”; inoltre, ero seduto con la schiena girata dall’uomo che parlava, non molto interessato a chi fosse. Ricordo una cosa per certo: immaginavo l’uomo come un “ribelle” alto e vestito con disinvoltura che, come me, stava annegando il suo dolore nel vino. La voce non si fermava, si sentivano suoni di deglutizione e alcune urla… E all’improvviso il “ribelle” iniziò a cantare una canzone georgiana, così bella che mi voltai involontariamente e vidi un prete bassotto dai capelli grigi, vestito di stracci, in mezzo alla birreria. Allargando le braccia, come se fosse ubriaco, faceva movimenti di danza a tempo con le parole della canzone.

L’intera birreria tacque e lo fissò. E mi guardava con i suoi occhi grandi e straordinari. Ad un certo punto si è avvicinato a me, mi guardò dritto negli occhi e disse: “Revaz, brucia quello che hai qui, in tasca!” Mi colpì sul petto in modo vistoso, alzò le mani al cielo e mi fece il segno della croce in una frazione di secondo.

Successe così in fretta che i visitatori non se ne accorsero nemmeno e molti, me compreso, hanno pensato che il segno della croce fosse una specie di movimento danzante. Ben presto l’anziano terminò il suo ballo e uscì, tra applausi e commenti: “Che brava persona… Ben fatto, padre! Oh!”

Ero in piedi, sbalordito, con le lacrime agli occhi. Non piangevo perché avevo capito subito il significato delle azioni dell’anziano: piangevo perché le sue parole mi colpivano come un’ondata di elettricità, e mi chiedevo come facesse a sapere cosa c’era nella mia tasca. E quello che avevo in tasca era un biglietto d’addio, scritto poche ore prima, in cui salutavo la mia famiglia. Stavo per commettere un atto terribile e irreparabile. Ma l’anziano Gabriel è venuto per volontà di Dio e ha fatto un tale spettacolo, specialmente per me!

La cosa più sorprendente è stata che dal giorno dopo non ho più voluto sentir parlare di gioco d’azzardo e ho rinunciato all’alcol insieme allo stile di vita disordinato che avevo condotto per anni.

Mi dispiace di non essere riuscito a trovare quel prete a Tbilisi. Ho chiesto a molte persone e ho sentito la stessa risposta ovunque: che era un “pazzo che non sempre appariva”. Presto mi convertii a Dio e cominciai ad andare in Chiesa. Solo pochi anni dopo, quando io e la mia famiglia andammo a Mtskheta e visitammo il convento di Samtavro, su una tomba dove la gente si affollava, su una grande fotografia vidi proprio l’uomo che mi aveva salvato e mi aveva fatto tornare sobrio. Ero in piedi piantato sul posto e le lacrime mi sgorgavano dagli occhi. L’anziano mi sorrideva dalla fotografia e io gli sorrisi in risposta dopo che mi aveva fatto l’occhiolino dal ritratto… Come se mi stesse chiedendo con umorismo: “Bene, Revaz, sei qui. Sei venuto dal “ribelle”, dall’anziano archimandrita Gabriel (Urgebadze)?…

 Ripubblicato dal: Teandrico



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